LA CORTE DEI CONTI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul  ricorso  prodotto  dalla
 signora Caroli Maria, domiciliata in S. Marcello Pistoiese (Pistoia),
 via  Marconi  n. 42, avverso il decreto del provveditorato agli studi
 di Pistoia n. 1430 del 28 aprile 1993.
                               F A T T O
    La signora Caroli Maria, gia' insegnante  di  ruolo  nella  scuola
 elementare, ha presentato ricorso il 16 novembre 1993, iscritto al n.
 256  del  p.c.  del  registro  di  segreteria, avverso il decreto del
 provveditorato agli studi di Pistoia n. 1430 del 28 aprile 1993,  con
 il  quale e' stata collocata a riposo per dimissioni, a decorrere dal
 1 settembre 1993, e, a norma dell'art. 1, commi 1 e  2-quinquies  del
 d.l.  n. 384 del 19 settembre 1992, nel testo risultante dalla legge
 di conversione n. 438 del 14 novembre 1992, citata nelle premesse del
 decreto  medesimo,  con  differimento  della   corresponsione   della
 pensione al successivo 1 gennaio 1994.
    Contesta, in primo luogo, la ricorrente l'interpretazione data dal
 Ministero  della  pubblica istruzione e seguita dal provveditore agli
 studi di Pistoia della normativa citata, la quale nei  confronti  del
 personale della scuola, che non puo' cessare dal servizio in corso di
 anno  scolastico,  avrebbe dovuto essere interpretata in modo tale da
 consentire la corresponsione immediata del trattamento di  quiescenza
 agli insegnanti cessati dal servizio dal 1 settembre 1993.
    Secondariamente,    ed    in   via   subordinata,   si   eccepisce
 l'illegittimita'  costituzionale  della   normativa   applicata   per
 violazione   degli   articoli  3  e  36  della  Costituzione  per  il
 trattamento discriminatorio e ingiusto riservato al  personale  della
 scuola.
    Per  concludere  si propone istanza incidentale di sospensione del
 decreto impugnato nella parte in  cui  dilaziona  il  trattamento  di
 quiescenza al 1 gennaio 1994.
    Il   provveditorato   agli   studi,   a   sostegno   del   proprio
 provvedimento, ha trasmesso una nota dell'ispettorato per le pensioni
 del Ministero  della  pubblica  istruzione  in  cui  si  svolgono  le
 considerazioni che qui di seguito di riassumono.
    Per      quanto      riguarda      l'affermata      illegittimita'
 dell'interpretazione  di  cui  alla  normativa  citata  operata   dal
 provveditorato  agli  studi  (e  gia'  sostenuta  dal Ministero della
 pubblica  istruzione  nella  circolare  n.  47/1992)  si  adduce,   a
 conferma, l'art. 5, comma 1-bis, del d.l. n. 155/1993 convertito con
 modificazioni  nella  legge  n. 243/1993. Tale norma, prevedendo, "in
 deroga alle vigenti disposizioni", la possibilita' del collocamento a
 riposo  a  decorrere   dal   1   settembre   1993   con   contestuale
 corresponsione  della pensione, per i docenti di materie in relazione
 alle quali i pensionamenti stessi non avrebbero provocato vacanze  di
 organico  e  conseguenti  nuove  assunzioni, assume il significato di
 interpretazione  autentica  della  precedente  normativa  cosi'  come
 intesa dall'amministrazione della pubblica istruzione.
    In  merito alla eccezione di incostituzionalita' si nega che possa
 sussistere nella specie violazione del principio  di  uguaglianza  di
 cui  all'art. 3 della Costituzione stante la diversita' di situazioni
 comparate: da un lato il personale scolastico, che  per  legge  cessa
 per  dimissioni  soltanto  dall'inizio  dell'anno  scolastico  (ora 1
 settembre), e, dall'altro, il restante  personale  statale  che  puo'
 cessare in qualsiasi data abbia prescelto.
    Si   fa,   inoltre,  rilevare,  in  relazione  all'art.  36  della
 Costituzione, che la legge non ha obbligato  nessuno  a  cessare  dal
 servizio,  ma ha lasciato il personale libero di decidere al riguardo
 con le conseguenze relative.
    Alla odierna pubblica udienza non sono comparsi  i  rappresentanti
 delle parti interessate.
                             D I R I T T O
    Considerato il tempo trascorso e il totale superamento del periodo
 in  contestazione, la sezione, che tiene oggi la sua prima udienza di
 insediamento, affronta direttamente il merito del ricorso.
    La  prima  richiesta  avanzata  dalla  ricorrente  e'  rivolta  ad
 ottenere  la  liquidazione  del trattamento di quiescenza spettantele
 fino dalla  data  del  collocamento  a  riposo  (1  settembre  1993),
 ritenendo  illegittimo  il  rinvio  al  1  gennaio  1994, che ha come
 effetto di  lasciarla  per  quattro  mesi  senza  stipendio  e  senza
 pensione.   Secondo   la   ricorrente   l'interpretazione   data  dal
 provveditorato agli studi (e dal Ministero della pubblica  istruzione
 con  circolare  n.  47/1992)  dell'art. 1, commi 1 e 2-quinquies, del
 d.l. 19 settembre 1992, n. 384 (nel testo risultante dalla legge  di
 conversione  n. 438/1992) sarebbe viziata ed errata, perche' trascura
 di considerare le disposizioni che, in modo speciale, disciplinano il
 collocamento a riposo del personale della scuola  escludendolo  dalla
 normativa generale suindicata.
    L'assunto,  peraltro,  non  e' acccettabile. Il differimento della
 corresponsione del trattamento di quiescenza, di cui la ricorrente si
 lamenta, e' ricollegabile  al  chiaro  disposto  dell'art.  1,  primo
 comma,  del  ripetuto  d.l.  n.  384/1992.  E  che  tale norma debba
 applicarsi anche al personale della scuola non puo' piu' essere messo
 in discussione dopo l'entrata in vigore dell'art. 5, comma 1-bis, del
 d.l. 22 maggio 1993, n. 155, che, nel testo aggiunto dalla legge  di
 conversione  n.  243/1993,  consente  espressamente,  "in deroga alle
 vigenti disposizioni"  l'accoglimento  "con  decorrenza  1  settembre
 1993"   di   quelle  domande  di  pensionamento,  che,  a  causa  del
 soprannumero di insegnanti della stessa materia o per contrazione  di
 organico,  non  provochino  vacanze  di  organico e conseguenti nuove
 assunzioni. Come ha  esattamente  fatto  osservare  l'amministrazione
 della  pubblica  istruzione,  questa  nuova  norma,  in quanto deroga
 eccezionale e  particolarmente  motivata  alla  disciplina  generale,
 conferma,  quasi  in  modo  autentico,  l'interpretazione  piu' ampia
 comprensiva anche del personale scolastico,  del  precitato  art.  5,
 comma 1-bis, del d.l. n. 155/1993.
    La   riconosciuta  infondatezza  della  pretesa  principale  della
 ricorrente,   apre   l'adito    all'esame    della    questione    di
 costituzionalita'  dell'art.  1,  commi 1 e 2-quinquies, del d.l. n.
 384/1992, con riguardo agli artt. 3 e 36 della Costituzione, eccepita
 in via subordinata.
    Innanzitutto va dichiarata la rilevanza ai fini del decidere:  non
 c'e'  dubbio  che,  se  la  norma  di  cui  sopra  dovesse  ritenersi
 incostituzionale e, quindi, venire abrogata per quanto qui interessa,
 non si  potrebbe  piu'  dubitare  del  diritto  della  ricorrente  al
 conseguimento della pensione dalla data del collocamento a riposo.
    Ma,  oltre  che rilevante, la questione sollevata appare anche non
 manifestamente infondata.
    In primo luogo con riguardo all'art. 36  della  Costituzione,  che
 garantisce   al   lavoratore   una  retribuzione  proporzionata  alla
 quantita' e qualita' del lavoro svolto ed in ogni caso sufficiente ad
 assicurargli un'esistenza libera e  dignitosa.  Detta  norma,  com'e'
 noto,  vuole  tutelare,  non soltanto la retribuzione corrisposta nel
 corso  del  rapporto  di  lavoro,  ma  anche  quella  differita  alla
 cessazione  di  tale  rapporto, a fini previdenziali, nella forma del
 trattamento di liquidazione e di quiescenza; in entrambi  i  casi  la
 retribuzione,   cosi'   intesa,   rappresenta   "nel  vigente  ordine
 costituzionale  (che,  tra  l'altro,  l'art.  1  della   Costituzione
 definisce  fondato  sul  lavoro) una entita' fatta oggetto, sul piano
 morale e su quello patrimoniale, di  particolare  protezione"  (Corte
 costituzionale n. 3 del 10 gennaio 1966).
    La  tutela  dei  principi  ispiratori  di questo precetto da parte
 della Corte costituzionale e' sempre stata rigorosa.
    In  particolare  la  Corte  ha  piu'  volte affermato il principio
 secondo  cui  "degli  assegni  di  quiescenza,   aventi   natura   di
 retribuzione  differita,  non  puo'  essere  privato  il  lavoratore,
 qualunque sia la causa  della  cessazione  del  rapporto  di  lavoro"
 (cosi'  la sentenza n. 169 del 7 maggio 1987 confermando un indirizzo
 consolidato: v. ad. es., n. 288/1983 e n. 31/1987).  Ed  in  coerente
 sviluppo  di  questo orientamento si e' anche affermato che, nel caso
 di cumulo del trattamento pensionistico con quello di  attivita',  la
 riduzione   del   primo   puo'   essere  giustificata  e  considerata
 compatibile con l'art. 36 della Costituzione solo  ove  correlata  ad
 una  retribuzione della nuova attivita' lavorativa che ne giustifichi
 la misura (n. 566/1989 e n. 204/1992).
    Alla luce  di  questi  principi,  ritiene  la  Sezione  di  dovere
 riconoscere  la  non manifesta infondatezza della sollevata questione
 di costituzionalita' dell'art. 1, commi 1 e 2-quinquies, del d.l. n.
 384/1992,  nella  parte  in  cui  comporta  il   differimento   della
 corresponsione del trattamento pensionistico del personale scolastico
 collocato a riposo in data 1 settembre 1993.
    Tale  norma,  inoltre,  per il fatto di privare il personale della
 scuola per quattro mesi sia dello stipendio  che  della  pensione  e,
 quindi,  totalmente  dei  mezzi  di  sussistenza,  senza neppure quel
 minimo indispensabile per provvedere ai bisogni primari ed essenziali
 della vita, sembra porsi anche  in  contrasto  con  l'art.  38  della
 Costituzione.
    Infine  va  esaminata  la  compatibilita' della norma in esame col
 principio costituzionale di uguaglianza  sancito  dall'art.  3  della
 Costituzione.  Al  riguardo  si  potrebbe  osservare,  come  ha fatto
 l'amministrazione  della  pubblica  istruzione,  che   la   lamentata
 disparita'   di  trattamento  tra  personale  scolastico  e  restante
 personale statale non possa essere ritenuta incostituzionale, perche'
 fondata sulla diversita' di situazioni -  con  riguardo  al  tipo  di
 contratto,  alle  prestazioni  richieste, ecc. - esistente tra le due
 categorie di personale.  Tale  osservazione,  peraltro,  trascura  di
 considerare che proprio la peculiarita' della posizione giuridica del
 personale  della scuola avrebbe dovuto essere presa in considerazione
 dal legislatore. In particolare si sarebbe dovuto tener  conto  della
 circostanza  che  detto  personale,  a norma dell'art. 10 del d.l. 6
 novembre 1989, n. 357 (legge conv. n. 417/1989),  e'  necessariamente
 collocato  a  riposo dal 1 settembre di ogni anno, con la conseguenza
 che a suo carico grava in misura notevolmente maggiore l'onere  della
 sospensione  del  diritto  a trattamenti pensionistici di anzianita',
 disposto fino al 31 dicembre 1993 dalla norma in esame.
    Insomma sembra ammissibile  il  dubbio  se  disciplinare  in  modo
 identico  situazioni  cosi'  diverse non si traduca in un trattamento
 ingiustamente discriminatorio per  il  personale  scolastico,  mentre
 diverse  scelte  legislative  avrebbero  potuto conciliare l'esigenza
 alla base della norma contestata con la parita'  di  trattamento  dei
 suoi destinatari.
    Il  giudizio  va,  quindi,  sospeso, con il rinvio degli atti alla
 Corte costituzionale per la conseguente pronunzia.